Corona und die neue Normalität
Debora Francione, Capaccio Scalo
Per dirla con Gianbattista Vico, che parlava di “corsi e ricorsi storici”, tutti gli eventi della storia sono destinati a riproporsi nel tempo. Così, se intorno alla metà del ’300 in Europa imperversavala peste, agli inizi del 2020 il mondo, vecchio e nuovo continente inclusi, si è trovato a gestire u n a pa ndem ia d i d i mension i m a i v iste dopo la peste in una forma così eccezionale.
L’Italia, uno dei Paesi maggiormente colpiti dal male pandemico, ritorna allo scenario di una Firenze boccaccesca, blo cc at a dal virus e costretta a rimanere a galla at t raverso l’ingegno romanzesco. Pe cc ato che, a differenza del Decamerone, nel quale i racconti assumono una chiave salvifica all’imposto lockdown, la nuova pandemia ha avuto implicazioni meno auliche e più pratiche: l’intesa e la tenuta dell’Europa, i possibili risvolti socio-economici e le varie soluzioni “salva Stati”.
Aus dem Gleichgewicht
Dopo una prima fase di incredulità, non si sono fatte attendere le prime rif lessioni sul post virus. Le iniziali reazioni e iniziative fantasiose, come i canti patriottici sui balconi, hanno lasciato il posto ai primi cedimenti strutturali: la noia atavica mista ad una mancata ripartenza della routine quotidiana ha destabilizzato gli equilibri di molti italiani. Non basta essere italiani per ripartire con volontà e leggerezza: ad essere messa a dura prova, economia a parte, è l’idea di popolo in sé.
Das kollektive Gedächtnis des 21. Jahrhunderts
Nel diario di questa quarantena si sprecano innumerevoli rif les-sioni. Il primo ricordo delle giovani generazioni che hanno vissuto la pandemia di Covid-19, o più semplicemente Coronavirus, sarà un insieme di meraviglia che lascia il posto all’incertezza. È una memoria storica che compendia le riflessioni di quest i ultimi anni: dal discorso sulla modernità f luida, fil rouge dell’intera opera di Bauman, allo sgretolamento della figura del padre, o anche di quella genitoriale, che ricalca il nietzschiano “Gott ist tot” di Massimo Recalcati. Il Coronavirus infetta il pensiero debolissimodel XXI secolo, e gli ridà voce: lo fa ricordando le bellezze della vita quotidiana, soprattutto quelle dello stivale, ma anche le storturenelle quali l’Occidente si è trovato ad inciampare, senza darle troppa importanza.
Alle giovani generazioni, che porteranno impressa la pandemia del 2020, resterà il ricordo dei genitori finiti in cassa integrazio-ne, dello Stato italiano in disaccordo con l’Europa sulle manovre “Corona-bond” e “MES”, e non dimenticheranno le madri che da lavoratrici instancabili si sono reinventate, insieme ai padri, tra-sformandosi in insegnanti ed esperte della didattica a distanza (in gergo DAD). Ne l la loro memor ia resterà indelebile l’impraticabilità dell’eguaglianza che chiude, a mo’ di lieto f ine, le vicende disumane dei libri di storia.
Chiusi durante la quarantena, tutti hanno imparato che chi ha maggiori risorse è tuttora il più forte, e il debole resterà sempre tale. A scuola sono emerse, seppur attenuate dall’indefesso lavoro delle insegnanti e degli insegnanti, le prime disuguaglianze. Il compagno di classe sprovvisto di tablet, di connessione internet e di una stampante a casa, èbalzatofuori dalla scuola inclusiva, conforme alle norme europee, e dalla didattica a distanza, moderna frontiera esclusiva per famiglie che posseggono i mezzi per seguirla. Disuguaglianze ai tempi del Coronavirus.
Europa auf Distanz
Anche il fragile rapporto tra capitalismo occidentale e l’idea di uguaglianza entra di forza nella rif lessione post virus. Le complicate trame politiche hanno preso a definirsi come nodiingarbugliatinei quali il discorso teorico non filava, appunto, con quello pratico. L’Italia si è vista chiusa nelle proprie abitazioni e di colpo anche nei propri confini nazionali. Le giovani generazioni indirizzate a diventare cittadini europei hanno vissuto la contraddizione di essere europei, ma distanti dagli altri in quanto italiani. La con-traddizione del “Corona-Zeit” si spiega, con maggiore chiarezza, nell’enorme difficoltà della sanità a gestire un caso pandemico che ha colpito la fetta più anziana della popolazione italiana. Gli ospedali: pochi e malfunzionanti in un Paese il cui numero di anziani è sensibilmente elevato. Il diario della quarantena italiana, letto a distanza ravvicinata, non ricalca né il genere romanzesco, né tanto meno quello favolistico, bensì risulta essere per lo più il resoconto di una storia che sta per essere scritta con i toni realistici di un ricorso storico.